
La chiesa parrocchiale di Belfiore, dedicata alla Natività di N.S.G.C., eretta nel 1947 per volere di Mons. Luigi Bosio, che ne curò la struttura e la disposizione interna in ogni particolare, è un autentico e prezioso monumento dell’arte e della fede.
In stile romanico-basilicale moderno fu progettata nel 1941 dall’arch. Domenico Rupolo, che ne seguì la costruzione fino al 1945, anno della sua morte. L’opera, successivamente, fu portata a termine dall’arch. Franco Spelta.
Accostandosi alla facciata della chiesa, si nota chiaramente che è sostenuta da 4 pilastri che rappresentano i 4 evangelisti. L’ingresso avviene attraverso un portale, preceduto da un protiro che invita al raccoglimento prima di accedere al luogo sacro.
Come nelle basiliche antiche la porta d’ingresso era simbolo di Cristo e per questo era sempre ornata e messa in evidenza, anche qui una scritta posta sulla porta ci indica che solo attraverso di Lui si può entrare nel mistero di Dio. L’iscrizione dice: << Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine >>
Appena si entra nel tempio, colpiscono l’attenzione la grande “aula” (cioè la zona compresa tra la facciata e il presbiterio) sostenuta da 12 colonne monolitiche e il maestoso ciborio, che domina il presbiterio, verso cui tutte le linee della chiesa convergono.
Le colonne e le basi dei pilastri sono in marmo rosso di “S. Ambrogio di Valpolicella”, mentre il marmo utilizzato per i capitelli proviene dall’Istria.
Esse, dividono l’interno in tre navate, favorendo lo slancio della centrale, accentuando il raccoglimento nelle laterali. Simboleggiano la testimonianza dei dodici Apostoli su cui si appoggia saldamente la fede del popolo in cammino. Su ciascun capitello delle colonne, infatti, accanto a vari simboli comuni che si ripetono, ce ne sono altri specifici dell’Apostolo, a cui la colonna stessa si riferisce, che richiamano il suo compito o il suo martirio.
Iniziando dalla prima colonna a sinistra, vicino all’altare maggiore, e proseguendo verso l’entrata principale troviamo: Pietro: chiavi; Giuda Taddeo: mazza e frecce; Simone il Cananeo: sega; Andrea: croce di S. Andrea; Bartolomeo: coltello e pelle; Giacomo il Minore: bastone.
Poi dalla colonna vicina al Confirmatorio ritornando verso l’altare maggiore: Tommaso: cintura; Giovanni: calice e drago; Giacomo il Maggiore: conchiglia del pellegrino; Filippo: croce; Matteo: borsa dei soldi; Mattia: colomba.
Il ciborio, disegnato dall’arch. Franco Spelta, ha un’altezza di 12 metri e ogni singola colonna (base e capitello compresi) è alta m 5,50. Esso sovrasta l’altare e campeggia sul policromo pavimento del vasto presbiterio (m 10 di larghezza e m 20 di profondità) in una sinfonia di marmi di “S. Ambrogio” a tinta temperata, composti in una linea semplice e perfetta.
Il ciborio, secondo le intenzioni di Mons. Luigi Bosio, ha la funzione di onorare e proteggere l’altare maggiore ed è l’espressione solenne della gloria di Dio, che insieme vela e rivela il mistero della Sua presenza.
Sopra il ciborio stanno incise le parole dell’evangelista Giovanni “ET VERBUM CARO FACTUM EST” (e il Verbo si fece carne), per indicare che Dio, prendendo la nostra natura umana, ha voluto farci partecipi della sua vita divina, donandoci il suo Corpo come cibo.
Per mettere in evidenza che sotto il ciborio è presente il Verbo Incarnato, Mons. Luigi Bosio (su disegno dell’arch. Franco Spelta) ha voluto raffigurare la Natività sulla prima porticina del tabernacolo dell’altare maggiore. Sul lato esterno della stessa compare la scritta << Il Signore ha detto a me: Tu sei mio figlio, Io oggi ti ho generato >>. Sulla seconda porticina, sempre del tabernacolo, sta scritto: << Questo è veramente il grande sentimento della pietà. >>
Al centro dell’area presbiteriale, (risistemata nel 1995 da Don Gaetano Pozzato, parroco per dieci anni a Belfiore), è collocato un secondo altare riservato alle sacre celebrazioni. Portato in posizione più avanzata rispetto al ciborio, è rivolto verso i fedeli, secondo quanto raccomandato dal Concilio Vaticano II°.
Attorno all’altare è plasticamente rappresentato il senso dell’assemblea liturgica, che si riunisce tra la prima e la seconda venuta di Gesù.
La prima venuta è raffigurata dai bassorilievi che lo circondano e che rappresentano i principali fatti evangelici dell’incarnazione: l’annunciazione, la nascita, l’adorazione dei Magi.
La seconda venuta, cioè il ritorno glorioso del Signore, è simboleggiata nel coro in legno, con i 24 seggi degli anziani attorno al trono dell’Agnello, secondo la visione dell’apostolo Giovanni nell’Apocalisse.
Nei medaglioni del coro sono delineati gli atteggiamenti che il Risorto apprezza di tutti quei Cristiani, (rappresentati appunto dai 24 vegliardi del racconto dell’Apocalisse), che hanno vissuto facendo il percorso della speranza con la mente attenta alle promesse di Dio.
Quando ogni domenica i Cristiani si riuniscono tra di loro e fanno esperienza della presenza del Risorto, ricordano la prima venuta e annunciano il Suo glorioso ritorno.
Sul lato sinistro del presbiterio (sempre guardando dall’ingresso della chiesa) risalta l’ambone, sul quale è incisa la scala di Giacobbe per ricordare il continuo discendere di Dio verso il suo popolo. Ai lati della scala sono raffigurati due “cantori” di questa instancabile discesa di Dio: il profeta Isaia, che preannunciò l’Incarnazione del Signore attraverso la Vergine Maria, e l’evangelista Giovanni, che raccontò nel suo vangelo l’inizio della Parola di Vita e del mistero della Redenzione.
Ricorda Don Gaetano Pozzato: << Tutta la sistemazione dell’area presbiterale, compresi i bassorilievi dell’altare e dell’ambone, è opera dell’architetto Raffaele Bonente, inviatomi personalmente da Mons. Bosio quando gli feci sapere dell’intenzione di fare il nuovo altare. L’opera fu inaugurata la notte di Natale del 1995. I medaglioni sui seggi sono opera dello scultore trentino don Luciano Carnessali e sono stati inaugurati il 25 marzo del 98, festa dell’annunciazione. Il nuovo altare fu consacrato da Mons. Giuseppe Amari nel 50° anniversario della consacrazione dell’altare maggiore sotto il ciborio il 7aprile 1997…>>
La luce nella chiesa penetra discreta da 42 vetrate, distribuite sulla facciata e sui muri perimetrali ed istoriate con intelletto e sensibilità cristiana dal pittore Moreno Zoppi.
Il vetro ed il colore filtrano la luce nelle tre densità fondamentali, proprie delle antiche chiese romaniche: moderata nelle navate laterali, chiara in quella centrale, splendente sul ciborio.
L’Annunciazione occupa la bifora della facciata, mentre con i pastori e i magi della Natività sono istoriate le trifore del presbiterio.
Sulle pareti della navata centrale le vetrate raccontano la storia della Redenzione, dalla preparazione profetica alla realtà evangelica. In esse sono rappresentati i profeti che hanno parlato della venuta del Messia.
La lettura progressiva si fa a zig-zag, iniziando dalla prima vetrata a sinistra entrando in chiesa e proseguendo, poi, fino al presbiterio.
1ª – rappresenta Dio Padre che promette l’arrivo del Messia
2ª – rappresenta Davide con l’arpa che, cantando il salmo 72, anticipa il ritratto del Messia.
3ª – rappresenta Isaia che guarda nel futuro profetizzando la nascita di Gesù attraverso la Vergine Maria.
4ª – rappresenta Geremia che preannuncia un futuro di salvezza per il re di Giuda.
5ª – rappresenta Daniele che riceve da Dio la conferma che arriverà il Santo dei Santi.
6ª – rappresenta Osea che canta l’amore di Dio per il suo popolo, come quello di uno sposo per la sua sposa.
7ª – rappresenta Gioele che attraverso una descrizione paradisiaca predice il tempo della salvezza per Gerusalemme e per Israele.
8ª – rappresenta Michea che spiega la nascita di Gesù a Betlemme.
9ª – rappresenta Naum che annuncia la caduta dei nemici di Dio e attraverso le parole del messaggero porta a tutti la buona novella.
10ª- rappresenta Aggeo che rincuora il popolo d’Israele dicendo che il tempio distrutto sarà ricostruito più glorioso del primo, perché in esso entrerà il Messia.
11ª- rappresenta Zaccaria che ravviva l’attesa del Messia, facendolo apparire come il Re della casa di Davide ma anche come un uomo umile, pacifico e trafitto.
12ª- rappresenta Malachia che guarda verso l’altare mentre annuncia la venuta dell’Angelo dell’alleanza, preceduto da un messaggero (Giovanni Battista) che preparerà il Suo arrivo.
Oltre alle vetrate della navata centrale anche quelle rotonde delle navate laterali riportano frasi attinte dalle antifone della novena di Natale, per richiamare la continua attesa del Salvatore da parte dell’umanità, prima e dopo l’incarnazione del Verbo.
L’illuminazione della chiesa è garantita anche da lampade a sbalzo e cesello del veronese Gino Legnaghi.
La volta del soffitto della navata centrale è simbolicamente rappresentata da decorazioni, che si ispirano al Cantico dei Cantici, legate da tralci, viticci e fiori, e richiama ancora la preparazione mistica alla Natività.
Mentre i graffiti della navata centrale, ci raccontano il Cantico dei Cantici, quelli delle navate minori, invece, si riferiscono all’Apocalisse.
Notevole nella concezione e nella realizzazione è il battistero, opera dell’architetto Franco Spelta e corredato da sculture di Nereo Costantini.
Scesi tre gradini, ci si trova dentro una grande vasca ottagonale che con i suoi otto lati ci ricorda che con il Battesimo siamo entrati nell’ottavo giorno, il giorno al di là della settimana, il giorno del Risorto, la domenica senza tramonto. La stessa vasca, però, contiene anche una croce, che vuole significare l’abbraccio definitivo di Dio per l’uomo.
Sulla parete del battistero è scritto: “ET CARO VERBUM FACTA EST” (e la carne è diventata Verbo); cioè, in questo posto il desiderio del nostro Dio di comunicare con noi raggiunge il suo scopo: Lui incrocia la nostra vita e noi diventiamo “Verbo”, cioè come Dio.
Il fonte battesimale ha un’apertura di m 1,60 di diametro, con un coperchio in rame sbalzato con i simboli dello zodiaco per ricordarci che siamo cristiani tutto il tempo e in tutti i tempi. E’ sormontato da un gruppo in bronzo raffigurante Giovanni il battezzatore.
Sulla volta del battistero quattro angeli con i simboli che portano in mano e con le scritte ci illustrano il rito del battesimo.
Le vetrate del battistero, una in facciata e una a fianco, ci ricordano che l’uomo è il centro e il vertice dell’universo.
Una cancellata in ferro battuto circonda e separa dalla chiesa tutto il battistero, facendone una vera e propria cappella.
Sul lato opposto del battistero si trova l’altare del Confirmatorio (cappella della Cresima).
Opera dell’architetto Franco Spelta, dello scultore Nereo Costantini e del pittore Moreno Zoppi, fu inaugurato la notte di Natale del 1953.
Sul Protiro, si legge la scritta: “Militia Christi”. Quasi a dire: << Qui si arruolano i soldati dell’esercito cristiano, i cavalieri di Dio >>.
L’Altare posto nel centro della Cappella, riproduce sulle due fronti maggiori le scene della consacrazione e del martirio del primo milite di Cristo, Stefano.
Dietro all’altare, un graffito a fresco riproduce un’intera pagina musicale gregoriana, col versetto alleluiatico della Pentecoste. Sopra di essa una vetrata raffigurante Santa Cecilia, patrona del canto gregoriano, riprodotto sul muro.
Un’altra vetrata riproduce S. Giorgio vestito con l’armatura da soldato, per ricordarci che la Fede è anche combattimento e impegno.
Infine, sulla volta del confirmatorio una cascata di lingue di fuoco richiama anch’essa i doni dello Spirito Santo.
Ai lati dell’imponente ciborio, ci sono gli altari della Madonna e di S. Giuseppe, sullo sfondo di graffiti policromi e monocolori.
L’altare della Madonna, opera di F. Spelta, N. Costantini e M. Zoppi fu inaugurato la notte di Natale del 1952.
Presenta un soffitto disegnato a graffito, su uno sfondo verde smaltato di fiori.
La statua della Madonna, che tiene sulle braccia il Bambino Gesù, è in bronzo ricoperto d’una foglia d’oro zecchino ed è alta m 1.80. Troneggia in una immensa nicchia rettangolare, che misura m 4.20 x 1.50. Lo sfondo è pure a graffito, come un damasco verde-chiaro.
L’Altare, lungo tre metri, ha la parete frontale a bassorilievi in bronzo, con le scene evangeliche dell’Annunciazione, del Natale e della S. Famiglia, limitate e separate da quattro statue, simboleggianti le virtù teologali e la virtù della Religione, esercitate in modo inimitabile dalla Vergine Madre.
Il pavimento, la balaustra e la base della parete, sono in marmo.
L’altare di S. Giuseppe, realizzato anch’esso di F. Spelta, N. Costantini e M. Zoppi, fu completato nel 1960.
L’opera è un trittico in bronzo con le figure di S. Giuseppe, di S. Luigi e di S. Agnese con dimensioni al naturale.
I bassorievi dell’altare rappresentano la morte di S. Giuseppe, assistito da Gesù e dalla Madonna, S. Luigi che serve i lebbrosi e il martirio di S. Agnese.
La cappella feriale “Studium pietatis”, l’ultima opera di Mons. Luigi Bosio a Belfiore, fu inaugurata il 25 dicembre 1966.
Così ne aveva parlato durante la presentazione nella notte di Natale di quell’anno:
<< … Eccoci nello “Studium pietatis”. La ragione del titolo è nel messale, alla prima orazione della VI domenica di pentecoste. Tradurre semplicemente: lo studio della pietà, è ben poco. La cappella della pietà? Anche. Quasi un tabernacolo, la dispensa del dono della Sua pietà. “Studio” si dice comunemente una stanza o un luogo dove il professionista e l’artista attendono alla loro professione o arte. Questa cappella è lo studio della pietà di Dio. La sua pietà in continuo esercizio. La fonte sempre aperta della sua tenerezza.
Domicilium pietatis, la dimora della Pietà. Un “officium pietatis” aperto senza alcun orario d’ufficio: cioè sempre.
E anche lo studio della mia pietà. Che vuol dire? … Il luogo santo dell’incontro tra il Padre e il Figlio. Poiché nell’Unigenito anch’io sono figlio …
Con la cappella “Studium pietatis” abbiamo voluto anche rendere omaggio alle norme liturgiche del Concilio Vaticano II°.
Un vero nido d’amore!
Nel loro ordine e con autentica finezza artistica, voi troverete: L’altare rivolto ai fedeli, il tabernacolo al centro della mensa, la sede del celebrante di fronte all’assemblea, il grande crocifisso in parete, L’ambone. >>
Nel settembre 2013 alla cappella stessa sono stati effettuati dal parroco Don Roberto Pasquali degli opportuni lavori di adeguamento liturgico e di restauro.
L’intervento, che ha risposto alle recenti direttive della Cei, ha riguardato il trasferimento del tabernacolo dal centro dell’altare al centro dell’abside su una mensola marmorea a parte, sovrastata da un arco di legno intagliato a forma di omega; fa da sfondo una parete dorata dominata dal Crocifisso.
Proprio il restauro del tabernacolo di bronzo argenteo insieme a quattro portaceri, due portalampade e alle stazioni della Via Crucis, opere tutte del cesellatore Gino Legnaghi, è stato fatto in prima persona dallo stesso Legnaghi.
A sinistra dell’altare è stata posta su una mensola la statua della madonna di Fatima e, accanto al quadro della Madonna della Stra’, è stato affisso un telo ricamato con tre gigli su fondo azzurro, recuperato dalla sacrestia.
Gli interventi alla cappella feriale si sono conclusi con la tinteggiatura e il rifacimento dell’impianto elettrico e di riscaldamento.
Nell’abside della chiesa è attualmente collocato uno splendido quadro di Paolo Farinati, uno dei più grandi pittori veronesi del 1500, che raffigura la “Madonna di Belfiore”: un dolcissimo volto di Maria, china sul suo Bambino, insieme a S. Paolo e S. Giovanni Battista.
Il quadro, proveniente dalla vecchia chiesa di S. Vito, Modesto e Crescenzia, rimase per lunghi anni quasi sconosciuto e poco valorizzato nello “Studium Pietatis”, collocato sopra i confessionali. Nel 1994 è stato restaurato per interessamento e cura del parroco Don Gaetano Pozzato.
Nel mese di luglio 2013 il parroco Don Roberto Pasquali ha provveduto a far restaurare dall’artista Giovanna Portinari quattro tele d’altare che giacevano inutilizzate nello scantinato della canonica di Belfiore.
Un quadro (tempera su tela – cm. 203×363) raffigura San Giovanni Bosco in mezzo a bambini e ragazzi. Realizzato nel 1935 dal pittore veronese Agostino Pegrassi, fu donato alla Parrocchia di Belfiore da Angelo Bressan. L’opera, posta originariamente nella chiesetta del vecchio asilo infantile, fu staccata molti anni fa a seguito dell’abbattimento del fabbricato. E’ stata collocata attualmente sulla parete destra dell’altare di S. Giuseppe.
Un’altra tela di Agostino Pegrassi (olio su tela – cm. 180 x 308) dipinto nel 1936, raffigurante la Crocifissione di Cristo, donato sempre da Angelo Bressan alla parrocchia, ha trovato posto sul lato sinistro dell’altare laterale che contiene la statua della Madonna con Bambino.
Apparizione a Bernadetta
La terza tela restaurata (alta 2 metri) raffigura l’Apparizione della Madonna di Lourdes a Bernadette. Risale al 1955 ed è l’unica che non riporta il nome dell’autore, ma potrebbe essere comunque opera della bottega del Pegrassi. La provenienza del dipinto dovrebbe essere la vecchia parrocchiale dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia. E’ stata collocata nella cappella “Studium pietatis”.
Sacro Cuore di Gesù
L’ultima tela d’altare (alta 2 metri), datata 1935, sempre del Pegrassi, raffigura l’Apparizione del Sacro Cuore di Gesù. Anche quest’opera, proveniente dalla vecchia chiesa parrocchiale, dopo il restauro è stata appesa nella cappella feriale “Studium pietatis”.
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