Parrocchia di Belfiore

La parrocchia

Definizione, generalità e cenni storici

“La parrocchia (secondo il Codice di Diritto canonico)  è una determinata comunità di fedeli, che viene costituita stabilmente nell’ambito di una chiesa particolare e la cui cura pastorale è affidata, sotto l’autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore”.
Il termine, che deriva dal latino medioevale paroechia, cominciò ad essere utilizzato nel III° secolo col significato attuale di diocesi; poi nel IV° secolo con quello moderno di suddivisione di una diocesi. Originariamente, infatti,  le prime comunità cristiane affidavano tutta la liturgia ad un vescovo, che risiedeva in una città.
Al di fuori delle sede vescovili non esistevano chiese, fino a quando nel IV° secolo le comunità cristiane rurali divennero così numerose da richiedere la residenza permanente di un membro del clero.
Il processo di creazione delle parrocchie fu comunque lungo e graduale.
Dal IV° al VI°  secolo vennero erette chiese rurali dapprima nei villaggi, poi anche nei latifondi ecclesiastici e privati. Uno o più sacerdoti risiedevano presso la chiesa.
In principio l’amministrazione pastorale e patrimoniale delle chiese rurali era di competenza del vescovo e  le parrocchie non avevano confini ben definiti.
Progressivamente l’amministrazione venne affidata ai sacerdoti residenti, che potevano ricevere direttamente donazioni e legati (cioè lasciti) dai fedeli. Di conseguenza il sacerdote residente divenne beneficiario delle rendite della parrocchia.
Oltre alle chiese parrocchiali furono erette anche chiese secondarie, cappelle e oratori, che restarono però sotto la dipendenza della parrocchia.
A partire dall’VIII° secolo le campagne circostanti le parrocchie vennero assegnate come territorio proprio della parrocchia, che assunse, così, confini certi.
Verso l’XI°-XII° secolo la parrocchia rurale divenne il centro della vita cristiana della comunità.
Si può dire che da allora, pur con gli inevitabili mutamenti del modo proporsi ai fedeli,  questo ruolo di centralità della parrocchia si sia conservato inalterato.

La storia della parrocchia di Belfiore

Premessa

La storia della parrocchia di Belfiore è iniziata più di mille anni fa nel nostro territorio e continua fino ai nostri giorni attraverso secoli di profonde trasformazioni politico-sociali e religiose.
Lo storico Mons. Giuseppe Crosatti afferma che un tempo il paese di Belfiore comprendeva tre antichi comuni: Porcile, Bionde e Zerpa, che erano costituiti in altrettante parrocchie.
Si svilupparono lungo l’asse della strada imperiale Berengaria, più conosciuta con il nome popolare di Porcilana, per il fatto che attraversava il Comune di Porcile.
Dall’inizio del XIX° secolo Belfiore divenne un solo comune e una sola parrocchia, come è oggi.
Il nome di Porcile ricorre la prima volta il 31 marzo 915 in un diploma dell’imperatore  Berengario I°,  che donava al monastero di S. Savar Corte Regia in Verona un piccolo podere (masserizia) nel vico Variano, “et massariciam unam in vico Porciles, insuper et terram quae pertinet de comitatu Vicentino in eodem loco Porciles et regitur per Stabilem liberum Hominem”, ordinando che dovesse servire in usufrutto per il prete di quella chiesa, il quale avrebbe pagato annualmente come censo alla curia vescovile due ceri nel giorno della Natività del Signore.
Il nome di Bionde, invece, appare la prima volta nel 844 e nel 915, mentre Zerpa nel 916. Le denominazioni di questi territori si trovano tutte in documenti ufficiali che riguardano donazioni, testamenti o scambi di beni tra imperatori, nobili, vescovi, canonici ed ecclesiastici.
A proposito di nome, le principali famiglie benestanti del paese  fecero istanza al Consiglio dei Dodici di Verona il 13/01/1547 per cambiare il nome da Porcile in Belfior, toponimo di una contrada del paese. La richiesta venne accolta solo in parte, poichè accanto a Belfior doveva rimanere l’attestazione “di Porcile”.
Il cambio del nome avvenne definitivamente con Napoleone Bonaparte: egli attuò la riforma amministrativa che sezionava il territorio in dipartimenti. Rientrando del dipartimento dell’Adige, Belfiore divenne d’Adige, perdendo Porcile.
La variazione del nome in “Belfiore” avvenne ufficialmente per Regio Decreto dell’11 Agosto 1867, firmato dal Re Vittorio Emanuele II, su proposta del Ministro dell’Interno che aveva recepito la  delibera dal Consiglio Comunale di Belfiore di Porcile il 20 Maggio precedente.

La vita della comunità di Belfiore (un tempo Porcile)  si svolgeva attorno all’antica chiesa di San Michele (denominata successivamente Madonna della Stra’) e presso di essa risiedeva anche il clero incaricato alla cura dei fedeli.
E’ stata eretta nel 1143, com’è testimoniato da un’iscrizione romana che precisa che gli architetti Borgo e Malfatto qui tunc habitabant in Veronensi castro (cioè a sinistra dell’Adige) costruirono la Chiesa nel 1143 essendo sacerdote Ambrogio e Vescovo di Verona Teobaldo. 

epigrafe della fondazione stra
La chiesa di San Michele è rimasta chiesa parrocchiale fino al 1622. Da quell’anno diventò parrocchiale la chiesa dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia, situata al centro del paese di Belfiore.
Sarebbero passati più di trecento anni per vedere la realizzazione (1942-1947)  dell’attuale chiesa parrocchiale, (intitolata alla Natività di Nostro Signor Gesù Cristo), alla quale si dedicò con tutte le sue forze  il compianto parroco Mons. Luigi Bosio.

Periodo 1143 – 1622 :
la parrocchia di Belfiore nella chiesa di San Michele  (Madonna della Stra’) 

belfiorestra

Partendo dalle origini, alcune notizie sulla parrocchia di Belfiore si possono trovare in documenti pubblici o nelle relazioni che parroci e canonici facevano durante le visite pastorali dei Vescovi alla comunità del paese.
Così veniamo a sapere, per esempio, che il 16 agosto 1208 vengono alienati alcuni beni della parrocchia per costruire una degna dimora per il clero che diventava sempre più numeroso (nel 1208 vi dimoravano sei ecclesiastici, undici nel 1215 e ben quindici nel 1221).
Alcune proprietà, talvolta, vengono vendute per far fronte a spese legali a tutela delle proprie ragioni nei confronti di terzi o per sistemare, completare gli arredi o abbellire la chiesa.
Molte volte sono proprio le autorità episcopali che per il bene della parrocchia consigliano o impongono ai parroci determinate attività da eseguire.
Nella visita pastorale del 29 settembre 1460, ad esempio,  mentre si attesta che la chiesa di S. Michele, riguardo alla “fabbriceria”, è in condizioni abbastanza buone, ci si rammarica del poco decoro con cui si conserva l’Eucarestia e di come l’inventario dei paramenti e degli  oggetti sacri (in comune anche con la Chiesa di San Vito) sia piuttosto misero.
Le relazioni delle visite del vescovo Gian Matteo Giberti del 1529/1530 e del 1541 ripetono pressappoco tutte le precedenti raccomandazioni, che nel frattempo erano rimaste disattese.  Nella prima visita questo vescovo ordina anche il restauro del pavimento malconcio della chiesa, che nel 1535, però, risulta sistemato solo a metà.

Vescovo GIAN MATTEO GIBERTI

Vescovo GIAN MATTEO GIBERTI

Non conosciamo le motivazioni che impedirono ai parroci di ottemperare completamente alle disposizioni dei loro superiori: forse la scarsità di risorse economiche, le continue distruzioni che vedevano il territorio di Belfiore, strategicamente importante, coinvolto in lotte tra fazioni o in vere battaglie (vicende connesse alla Lega di Cambray), oppure in quel particolare periodo storico l’insofferenza degli ecclesiastici alla disciplina o una certa forma di superficialità del loro agire, che proprio nella diocesi di Verona il vescovo Giberti cercò di correggere (trovandosi però di fronte a notevoli resistenze).
Oltre al pavimento, vengono indicate anche altre manutenzioni da eseguire, come la riparazione di una delle cappelle screpolata nella volta, la sistemazione della sommità del campanile, del tetto e del muro che in mezzo alla chiesa divideva gli uomini dalle donne, l’intonacatura delle parti, lo svecchiamento delle pale di tutti gli altari, il restauro della casa parrocchiale, ecc.
Si ordina, inoltre, che la chiesa sia dotata di un tabernacolo decente, ove conservare meglio l’Eucarestia, e che vengano procurati quanto prima nuovi paramenti, calice, messale e altri arredi.
Se si critica l’operato del clero, in generale, però, si loda l’indole, la bontà e la religiosità dei parrocchiani.

Dalle tabelle seguenti possiamo vedere alcuni dati ricavati dalle visite pastorali:

ANNO

BELFIORE

BIONDE

ZERPA

Abitanti Ammessi alla S. Comunione Abitanti Ammessi alla S. Comunione Abitanti Ammessi alla S. Comunione

1529

 

300

 

125

   

1530

380

230

200

100

   

1532

 

300

120

80

100

60

1538

 

450

 

196

   

1541

 

450

       

Un episodio caratterizza la visita pastorale del 1530. Quando il vescovo Giberti attraversa l’Adige il 12 settembre 1530 per recarsi proprio a Belfiore, la barca che lo trasporta, tra Albaro e Porcile (Belfiore)  si rovescia e il Presule rischia di annegare. Si salverà, come dice la tradizione, grazie all’intervento della Madonna della Stra’, alla quale si era raccomandato.
Nella seconda metà del XVI° secolo, in particolare dal 1553 al 1592,  anche con i successori del vescovo Giberti le visite pastorali  fanno riscontrare ben poche differenze.
La chiesa di San Michele si è sufficientemente attrezzata di sacre suppellettili, ma non si è ancora sistemato il pinnacolo del campanile e il tetto della chiesa, non imbiancate le pareti, non ristrutturato completamente il pavimento, non dipinta la pala dell’altar maggiore.
Dalla visita pastorale del 1592 nelle relazioni ufficiali comincia a cambiare il nome primitivo della chiesa di San Michele in quello di Madonna della Stra’, proprio per lo  sviluppo sempre maggiore che prese la devozione all’immagine di Maria, in essa venerata.

La statua della Madonna della Stra’ è una scultura lignea dello scultore veronese Giovanni da Zebellana. Commissionata dalla Compagnia della Beata Vergine, fu scolpita e collocata nella chiesa di San Michele nel 1497. Ai lati dello sgabello della statua c’è la firma dell’autore e la data d’esecuzione dell’opera. Dipinta in nero con i caratteri del tempo si legge la seguente scritta: MADON/A DELA CON/PAGNIA/DE PORCI/LE ANO1497.

Periodo 1622 – 1790 :
la parrocchia nella chiesa di San Vito, Modesto e Crescenzia, tra alluvioni, guerre e peste.

san vito

Nel 1622 una rovinosa piena dell’Adige ruppe gli argini in località Chiaveghette e attraversò la strada Imperiale Romana (detta Porcillana).
Per questo motivo l’Arciprete di quel tempo Don Antonio Martini, d’accordo con i parrocchiani, trasportò l’officiatura e la residenza parrocchiale nella chiesa di S.Vito, Modesto e Crescenzia.  Le cronache dicono che  lo stesso arciprete, per trovarsi un posto dove abitare, comprò a sue spese due case vicine a questa chiesa.
Da questo periodo in poi, la chiesa della Madonna della Stra’ andò progressivamente in abbandono ed anche l’arciprete finì per celebrare solo una messa la prima e l’ultima domenica di ogni mese.
Come non bastassero le alluvioni a turbare la comunità di Belfiore, tra il 1629 e il 1630, in seguito alla  guerra  per la successione di Mantova, la provincia di Verona (quindi il nostro territorio) fu invasa dalle truppe imperiali, che portarono con sé oltre alle solite distruzioni  il terribile contagio della peste (descritto dal Manzoni ne  “ I Promessi Sposi”) .
Le relazioni ufficiali del tempo ci dicono che in Porcile (Belfiore) morirono di questa malattia 280 persone mentre se ne salvarono 262, a Bionde ne morirono 40 e ne sopravvissero 47, a Zerpa  perirono 11 persone.Poi l’epidemia a Belfiore miracolosamente cessò.
Fu in questa occasione che i nostri parrocchiani, istituirono una festa votiva (il 16 agosto del 1630) come ringraziamento alla Madonna della Stra’, che li aveva liberati dalla peste.
Anche se la parrocchia era stata trasferita nella chiesa di San Vito, la  devozione alla B.V. Maria da parte del popolo era sempre viva.
Purtroppo le pessime condizioni economiche non permettevano di intervenire nella manutenzione della sua  chiesa, che era stata danneggiata dalle inondazioni.  Nel 1632, addirittura, venivano dissacrati i due altari di San Sebastiano e del Santo Rosario, a cui era annessa la confraternita omonima.
Ma l’anima popolare, che dava vita e sosteneva il culto mariano, era più forte delle avversità, cosicché il 13 giugno 1639 l’arciprete insieme a tutta la comunità di Belfiore, nonostante le precarie condizioni dell’edificio, istituì la festa dell’incoronazione della Madonna della Stra’.
Il 12 ottobre 1672 la parrocchia di Belfiore fu visitata dal vescovo Sebastiano Pisani II° e  trovò che i fedeli ammessi alla Comunione Eucaristica erano 400.
Nelle relazioni delle visite pastorali (anni 1699-1704) effettuate dal vescovo Giovanni Francesco Barbarigo, troviamo sempre la comunità di Belfiore particolarmente devota.

Vescovo GIOVANNI FRANCESCO BARBARIGO

Vescovo GIOVANNI FRANCESCO BARBARIGO

Le notizie della sua visita del 4 ottobre 1704 ci dicono che nella chiesa di S. Vito si svolsero varie cerimonie, tra cui la preghiera per i fedeli defunti del vicino cimitero.  La celebrazione della s. messa vide la presenza di 550 persone, che ricevettero tutte la Comunione eucaristica.
Ci informano, poi, che nella chiesa c’era un tabernacolo ligneo, lavorato in oro e una pisside argentea con coperchio di cipresso.
Il parroco, Don Antonio Maria Filippi, provvedeva direttamente alla lampada per il Santissimo, tranne nei giorni festivi ai quali pensava la comunità di Belfiore.
In un angolo della chiesa c’era il sacro fonte battesimale in un piccolo sacello riparato, per evitare l’umidità dell’aria.
Fra migliorie richieste e numerosi lavori da svolgere, il vescovo ordinava di ridipingere il tabernacolo, creare un confessionale per le donne, mettere una lunula argentea e dorata nell’ostensorio, posizionare una tela in mezzo alla chiesa per separare i maschi dalle femmine.

Periodo 1791 – 1810 :
Don Francesco Farsaglia e le guerre napoleoniche

Nel settembre del 1791 divenne parroco di Belfiore Don Francesco Farsaglia, che si trovò a reggere la parrocchia durante il tragico periodo delle guerre napoleoniche.
Uno dei momenti più violenti, che accaddero nella nostra zona, fu la famosa Battaglia di Arcole (15/17 novembre 1796).
In realtà questo fatto d’arme lo si potrebbe chiamare Battaglia di Belfiore, visto che fu proprio qui (valli di Zerpa) che ebbe luogo la maggior parte delle sanguinosissime lotte tra Austriaci e Francesi.
Incalcolabile, infatti, fu il danno e lo sgomento recato in quel periodo nelle nostre contrade: le truppe rovinarono l’antica chiesa di Zerpa e ne svaligiarono altre, incendiarono o lacerarono i libri e i registri dell’archivio parrocchiale di Belfiore, nulla risparmiando di quanto poterono arraffare.
<< Per mia disgrazia – scrive il Farsaglia nella sua minuziosa relazione al Vescovo – fui rovinato dalla guerra, ho perduto 4 Bovi e la Stala e casa di campagna quasi tutta incendiata. E qui alla Casa Parrocchiale ebbi tre sacheggi che restai al solo vestito, ma senza scarpe ai piedi. Salvai peraltro la Chiesa e tutti i sacri arredi, ma non il vaso dell’Olio Santo >>.
Eravamo, però, solo all’inizio perché durante tutta l’epopea napoleonica il nostro territorio fu interessato da movimenti di truppe, che portarono saccheggi e devastazioni alla popolazione.
Fu così che il Farsaglia, per evitare eventuali distruzioni o manomissioni, fece trasportare provvisoriamente la statua della Madonna della Strà dal Santuario alla chiesa di San Vito:<< Nel bollor della guerra 28,29 e 30 ottobre 1805, la feci (la statua della Madonna) levar da miei Villici più coraggiosi accompagnati e scortati da miei soldati di guardia; ed il giorno 25 Maggio 1806 scandendo in quell’anno la santa Festa di Pentecoste, fu processionalmente con solenne pompa ricollocata, ed il giorno dopo si fece il solenne anniversario di detta incoronazione>>.
Don Francesco Farsaglia fu l’unico punto di riferimento per tutta la comunità, tanto che i magistrati diedero a lui, per vari mesi, il comando generale del paese, come ricorda la lapide sulla vecchia canonica, posta dalla popolazione come segno di riconoscenza  per ricordare il suo operato, fatto di carità e di prudenza.
Quando il 14 e 15 aprile del 1809 Il vescovo Innocenzo Liruti  fece visita alla parrocchia di Belfiore, erano ancora aperte le ferite che i soldati e l’impeto della guerra avevano ripetutamente prodotto sulla popolazione ridotta allo stremo.
Fu in quella occasione che Don Farsaglia rispose compiutamente e diligentemente con una relazione scritta a tutti i quesiti, che gli vennero posti dal Vescovo.
Da questa relazione, che il parroco emerito di Belfiore Don Gaetano Pozzato insieme col prof. Giuseppe Battaglia fece stampare nel novembre del 1996 (bicentenario della battaglia di Arcole), emerge la carità del Farsaglia verso il popolo, la sua personalità e il suo spessore culturale. E’ una insostituibile testimonianza che ci aiuta a fermare  l’attenzione sui risvolti umani e quotidiani che le vicende storiche hanno segnato nel nostro territorio.
La tragedia della guerra e le sofferenze del suo popolo,  logorarono lentamente ma inesorabilmente l’animo e il corpo di Don Francesco Farsaglia, che finì la sua esistenza terrena nel settembre del 1810 a soli 54 anni.

Rifacimento della chiesa di San Vito, Modesto e Crescenzia

L’anno successivo (esattamente il 6 maggio 1811) gli abitanti di Belfiore, sempre generosi verso la parrocchia, iniziarono un’importante rifacimento della chiesa di San Vito, Modesto e Crescenzia. I lavori furono svolti con tanta solerzia e sollecitudine che nel giro di 11 mesi la ristrutturazione fu terminata. Il 12 aprile 1812 la chiesa fu inaugurata e consacrata dal Vescovo Mons. Innocenzo Liruti.

Chiesa S.Vito Modesto e Crescenzia – Altare laterale destro con pala del Farinati

Chiesa S.Vito Modesto e Crescenzia – Altare laterale destro con pala
del Farinati

In tale occasione il parroco Don Martinelli lasciò la seguente memoria scritta:<< La fabbrica della Chiesa parrocchiale dei SS. Vito e Modesto di Belfiore di Porcile fu incominciata il giorno 6 maggio 1811, e con tanta sollecitudine si attese all’opera che nel breve periodo di mesi undici ne fu compiuto il lavoro. Nel giorno 12 Aprile 1812 essendo condotta a termine con tutta perfezione ogni cosa attinente alla predetta chiesa e provvista di nuovo delle necessarie suppellettili fatte con tutta la magnificenza fu nella mattina solennemente consacrata dal rev.do mons. Vescovo Liruti il quale degnasi di assistere pontificalmente alla messa cantata dell’in allora parroco rev.do  don Martinelli. La sera con divota solennissima processione furono introdotti con bella ordinanza e disposizione tutti li sacri arredi, le reliquie, gli ogli santi con il Santissimo Sacramento portato dal Mons. Vicario Dionigi (che decorò anch’egli con sua presenza la sacra funzione) furono introdotti nella nuova chiesa, e cantato l’inno ambrosiano si chiuse questo dì festivo dando nuova benedizione con Santissimo Sacramento al numeroso popolo accorso da tutti i vicini e lontani paesi.Fu ordinato che la consacrazione di detta chiesa si avesse a celebrare annualmente la prima domenica di Luglio.>>

Il 17-18  Maggio 1843 visitò la parrocchia di Belfiore il Vescovo Pietro Aurelio Mutti, che trovò sempre una comunità pia e devota.

Chiesa S.Vito Modesto e Crescenzia - Altar maggiore - Presbiterio

Chiesa S.Vito Modesto e Crescenzia – Altar maggiore – Presbiterio

Gli abitanti erano 1050 di cui 707 ammessi alla Comunione Eucaristica.La scuola elementare era tenuta da un laico, mentre la dottrina cristiana era condotta secondo i regolamenti. Era presente la confraternita del Santissimo Sacramento con 60 iscritti.

Periodo 1878 – 1940 :
Don Teodosio Faccioli e Don Beniamino Bendinelli

Nel 1878 diventò parroco di Belfiore Don Teodosio Faccioli che condurrà la parrocchia per 32 anni.
A lui va il grande merito di aver preso a cuore la chiesa della Madonna della Stra’ che si presentava in un gravissimo stato di abbandono.
La facciata, infatti, stava per cadere, svincolata com’era dal resto dell’edificio .
Il restauro riguardò tutto l’edificio (eccetto il campanile) , tenendo conto, per quanto era possibile, delle caratteristiche storico-artistiche del manufatto.
Don Faccioli, lavorando in accordo col sindaco cav. Carlo Lebrecht,  riuscì a mettere insieme le risorse economiche per condurre a termine nel 1906 l’ardua opera di restauro.

Don TEODOSIO FACCIOLI

Don TEODOSIO FACCIOLI

Il giornale “L’Arena” di martedì, mercoledì 4-5 settembre 1906 intitolava: << La festa della Madonna della Strà è stata celebrata domenica 2 settembre con la riapertura del santuario dopo il “geniale restauro. >>  L’articolo, poi, continuava in questo modo: << Vi sono dei monumenti d’una bellezza così singolare che, dopo averli contemplati con meraviglia, si vengono guardando con affetto, come se da lungo tempo ci fossero noti; e ad essi ritorniamo con soave desiderio e li amiamo in breve ora come vecchi amici: Questo mi diceva domenica un amico, mentre contemplava la chiesuola della madonna della Stra’; ed io leggevo nel suo sguardo tutta una “corrispondenza d’amorosi sensi”. E veniamo alla cronaca. La festa di domenica non poteva riuscire meglio: il Comitato composto dai signori Giuseppe Piccoli, Luigi Turco, Aurelio Olivati deve aver lavorato assai, e merita una lata parola di lode; a tutto provvide con senno e signorilità: A niuno meglio che a questi signori poteva forse Belfiore affidare la cura dei festeggiamenti …In Chiesa il discorso fu fenuto da Monsignor Prog. Grancelli. Non esito a dirlo: fu una meraviglia; fu un effluvio di poesia, fu una gioia per gli animi tutti …>>
Il 14 aprile 1920 Don Teodosio Faccioli, dopo una lunga malattia, tornò alla casa del Padre e fu sepolto nel cimitero di Belfiore, ove si trova tuttora la sua tomba.

Dopo Don Faccioli fu designato arciprete di Belfiore Don Beniamino Bendinelli che resse la parrocchia fino alla sua morte avvenuta nel 1940.
Di lui si ricorda la grande bontà e carità, perché divideva con i poveri tutto quello che aveva, compreso il raccolto dei campi di proprietà della parrocchia, che si trovavano attorno al santuario della Madonna della Strà.

Periodo 1940 – 1969 :
La parrocchia con Don Luigi Bosio nella nuova chiesa della Natività di N. S. Gesù Cristo

Il 9 giugno del 1940 fu nominato parroco di Belfiore Don Luigi Bosio.

Don Luigi Bosio

Don Luigi Bosio

Dice di lui il prof. Francesco Vecchiato nel suo libro Don Luigi Bosio a Belfiore d’Adige che “la sua più straordinaria impresa fu quella di concepire l’idea di una nuova grande chiesa e di perseguirla nonostante il contesto storico europeo e nazionale lo sconsigliassero. Avrebbe dovuto invitare alla prudenza e quindi all’attesa di momenti migliori anche il tessuto sociale locale. La guerra, le voci dei dubbiosi e di chi bollava come sconsiderata l’avventura avviata non lo fecero deflettere. Nel marzo ’41l’architetto Domenico Rupolo era a Belfiore per individuare l’area; in dicembre ’41 il progetto era pronto; nel novembre ’42 iniziavano i lavori; il 14 giugno 1942, lunedì di Pentecoste, la posa della prima pietra, presenti il vescovo Girolamo Cardinale, il suo segretario, Mons. Giovanni Falzoni, insieme a Mons. Timoteo Lugoboni, rettore del seminario, e a Mons. Lino Chiaffoni, direttore dell’ufficio amministrativo diocesano. Il coro è affidato a 200 ragazzini dei “Buoni Fanciulli” di don Giovanni Calabria, che pure avrebbe voluto essere presente, ma ne fu impedito”.
La guerra finì con l’incidere sempre di più sulla prosecuzione dei lavori fino a interromperli nell’ottobre del 1944.
Il 2 ottobre 1940 Don Luigi Bosio manifesta in questo modo la sua amarezza: << Il lavorodella costruzione della chiesa (siamo a circa 6 metri dal terreno) subisce da oggi una quasi totale interruzione per la mobilitazione generale. Dai 14 ai 60 anni tutti gli uomini sono chiamati a lavori di carattere militare o nel territorio parrocchiale o sulle colline di Soave. La guerra è ormai vicina. Sentiamo frequentemente il cannone. È come un’angoscia mortale che ci opprime perché dove questa orribile guerrapassa, vi lascia l’orma di una totale distruzione. >>
Afferma ancora il prof. Vecchiato che Il momento più drammatico non è però legato alla guerra, ma al dopoguerra, quando l’odio disseminato dai vincitori della guerra civile, i comunisti, prende di mira con particolare accanimento la religione, i suoi sacerdoti e i luoghi di culto. Così don Luigi al 20 settembre 1945: << La Tua casa subisce ora, o Gesù, il suo periodo più critico. La furia invidiosa del maligno vuole ora istillare nel cuore di alcuni parrocchiani, ai quali la guerra ha strappato tanta fede, la convinzione che ad altri lavori e sofferenze dovrebbero applicarsi i nostri sforzi e la nostra carità, quasi non dividessimo con tutti i fratelli sofferenti il peso dell’orribile guerra, e non lo portassimo, grazie a Te, con più frutto. >>”
Nonostante le difficoltà Domenica, 6 ottobre 1946, ultimata la copertura, i fedeli possono entrare in chiesa (anche se priva di pavimento) a recitarvi un rosario e a cantare il Credo solenne in gregoriano.
Pochi mesi dopo, il 20 febbraio 1947 la chiesa, dedicata alla Natività di N.S.G.C.,  è benedetta da Mons. Angelo Grazioli, che vi celebra su delega del vescovo una messa solenne.

Chiesa della NATIVITA' di N.S.G.Cristo

Chiesa della NATIVITA’ di N.S.G.Cristo

Il 25 marzo 1947, martedì, festa dell’Annunciazione di Maria, il vescovo Girolamo Cardinale consacra l’altare maggiore. Sono presenti i monsignori, Giovanni Falzoni e Lino Chiaffoni, che erano intervenuti alla posa della prima pietra.
Per il completamento della chiesa nei suoi interni occorsero quasi tre decenni: Il battistero, opera dell’arch. Franco Spelta, fu realizzato tra il 20 agosto 1951e il Natale 1951. La cappella con altare della Madonna, fu inaugurata nel Natale 1952. Vi lavorarono Franco Spelta, Nereo Costantini, Moreno Zoppi. L’altare fu inaugurato il 25 marzo 1953.  Il Confermatorioo cappella della Cresima, su progetto di Franco Spelta, al quale lavorarono lo scultore Nereo Costantinie il pittore MorenoZoppi, fu inaugurato nel Natale del 1953.  La vetrata dell’Annunciazione sulla facciata della chiesa fu messa in opera nel 1958.  La cappella con altare di S. Giuseppe, frutto del lavoro di Franco Spelta, Nereo Costantini, Moreno Zoppi fu realizzato nel 1960. Le altre vetrate della chiesa furono realizzate tra il 1961e il 1963. I graffiti nelle navate furono eseguiti tra il 1961 e il 1962.
Il pavimento fu realizzato nel 1963; nella corsia centrale in marmo vi si leggono in successione, avanzando verso l’altare, tre scritte in latino:  « Questo luogo è tremendo », « La mia casa è una casa di preghiera »,   « Questo luogo nasconde una ricchezza inestimabile ».
La cappella “Studium pietatis”, fu inaugurata il 27 dicembre 1966. Così ne parlò don Luigi Bosio: « Con la cappella “Studium pietatis” abbiamo voluto anche rendere omaggio alle norme liturgiche del Concilio Vaticano II. Un vero nido d’amore! Nel loro ordine e con autentica finezza artistica, voi troverete: – l’altare rivolto ai fedeli – il tabernacolo al centro della mensa – la sede del celebrante di fronte all’assemblea – il grande crocifisso in parete – l’ambone »
Il parroco emerito di Belfiore Don Gaetano Pozzato, nel suo libro sulla chiesa della Natività di N.S.G.C.  “Ho veduto la Gerusalemme del cielo. Pellegrinaggio spirituale alla Chiesa Parrocchiale di Belfiore”,  sintetizzava con queste parole l’opera di Don Luigi Bosio a Belfiore: « Con gratitudine, vorrei raccontare come, facendo il parroco a Belfiore, la mia fede è stata “colorata” dalle memorie di quella comunità, animata dai miei predecessori, ma soprattutto segnata dalla personalità e dalla straordinaria spiritualità di uno di loro: Mons. Luigi Bosio. Costruendo la nuova Chiesa negli anni 40-69, egli trascinò la parrocchia di Belfiore in una straordinaria avventura comunitaria e spirituale, riuscendo a plasmare assieme una comunità, e un tempio che quasi la riassume, e che è come un libro, stampato nella pietra, che tramanda di generazione in generazione i percorsi di fede attraverso i quali il parroco guidò i cristiani di Belfiore per 30 anni e che sono tuttora vivi nella comunità…     Questa avventura unì assieme un pastore di straordinaria spiritualità e sensibilità liturgica, un popolo che, anche se con intensità e gradualità diversa, rimase segnato da questa spiritualità, e una chiesa-edificio che risultò come la sintesi di pietra di questa spiritualità e di questa comunione con il pastore, chiesa voluta e pensata fin dall’inizio come una trasparenza del mistero».
Dopo la chiesa furono costruite altre strutture di supporto all’attività parrocchiale, tra cui il ricreatorio giovanile “Gaudete” (con aule per catechismo, teatro, sala giochi, campetto sportivo).
Anche la chiesa della Madonna della Stra’ fu seguita con particolare cura. Quando il 15 luglio 1959 un violento temporale tronca la cuspide del campanile, Don Luigi la fa ricostruire. Inoltre nel 1965 viene realizzato un nuovo pavimento della chiesa, che dura ancor oggi.
Nel confessionale Don Bosio fu una guida di anime, guarendo nel contempo i corpi attraverso il dono della  serenità e della pace a lenimento di chi era tormentato.
Le sue omelie e catechesi erano sempre riferite ai contenuti della liturgia eucaristica ed ai santi Sacramenti.
Come parroco Don Luigi era un padre che rispondeva del comportamento dei suoi figli, che aveva quindi la responsabilità diretta di quanto avveniva sotto i suoi occhi.
Viveva in una comunità che era lui a indirizzare e a plasmare, ma sulla quale aveva anche il dovere di vigilare. Ne consegue che egli si trovava direttamente coinvolto in ogni momento non solo della vita spirituale, ma anche di quella civile dei parrocchiani. Si spiega anche con questo la sua risolutezza nel contrastare il comunismo, un movimento che aveva nel suo programma l’ateismo di stato e lo applicava perseguitando la Chiesa.
Un’azione predominante la svolgeva soprattutto a favore della famiglia, alla quale dedicava un’attenzione prioritaria e costante. Il suo obiettivo era quello di fare della comunità parrocchiale un’unica grande famiglia, come la risultante dell’insieme delle famiglie, ciascuna delle quali avesse accolto e si fosse imbevuta degli indirizzi pastorali del parroco.
Sul finire del 1969 il vescovo, Mons. Giuseppe Carraro, gli chiese la disponibilità al trasferimento nella cattedrale, come canonico dedito alle confessioni e alla preghiera. La risposta fu di immediata adesione a quanto era stato pensato e deciso per lui. Abbandonare la parrocchia fu, tuttavia, per lui una vera sofferenza.
Ritornò un’ultima volta a Belfiore l’8 marzo 1970 per il congedo ufficiale e il dono delle Insegne Canonicali fattogli dalla sua gente, presente il vescovo Carraro. Nell’omelia, con la quale si allontanava per sempre dalla comunità e dalla sua chiesa, spiegò che il suo unico sogno nei trent’anni trascorsi a Belfiore fu quello di ritrovarsi con tutta la sua comunità davanti all’altare di Dio a celebrare il mistero del corpo mistico di Gesù, nel quale la molteplicità dei fedeli diventa un cuor solo e un’anima sola.

Periodo 1970 – alla fine del 1999 

Dopo lo spostamento di Don Bosio a Verona, guidò la parrocchia per un breve periodo il curato Don Lino Ghirelli.
Nel 1970 il vescovo incaricò come parroco di Belfiore Mons. Mario Sulmona, che gestì in modo lungimirante il periodo del post-Concilio Vaticano II°, favorendo con l’aiuto del curato Don Mario Magrinelli, l’aggregazione giovanile in nuovi gruppi ecclesiastici e un miglior utilizzo dell’oratorio parrocchiale “Gaudete” , migliorando e realizzando con l’aiuto di giovani volonterosi anche nuovi impianti sportivi-ricreativi.
Cercò, inoltre, di favorire l’armonia tra i Belfioresi  dopo il trascorso periodo di divisione e contrapposizione ideologica e si prodigò nell’azione apostolica in favore degli anziani e degli ammalati. Cercò di indirizzare i parrocchiani a professare  una fede più partecipata e d’esempio.

Nel 1973 a Don Mario Sulmona seguì Don Nello Piccoli, uomo mite e pio che, insieme col curato Don Elio Aloisi,  continuò ad attuare gli insegnamenti del Concilio Vaticano II.  Diede impulso al Consiglio pastorale parrocchiale, valorizzando e inserendo nuovi collaboratori laici.
Durante il suo mandato su richesta del sindaco Gianfranco Allegri, accolse per alcuni anni nelle stanze dell’Oratorio parrocchiale le classi della scuola media di Belfiore, in quanto la vecchia edificio scolastico era stato danneggiato dal terremoto del maggio del 1976.

Dopo di lui diventò parroco di Belfiore Don Gino Meggiorini, che resse la parrocchia negli anni ’80 e la guidò con grande impegno sacerdotale.
Un aspetto significativo del suo modo di agire fu la capacità di ascoltare ed intervenire con prudenza e carità nella guida delle anime.
Iniziò una prima ristrutturazione dell’oratorio “Gaudete” sistemando le aule di catechismo e la sala conferenze Pio X°.

A Don Gino seguì Don Giuseppe Valensisi, che per diversi anni (1977-1986) era stato assistente nazionale del movimento studentesco dell’Azione Cattolica  a Roma.
A Belfiore portò l’entusiasmo del suo nuovo impegno pastorale.
Si impegnò particolarmente nella catechesi, nella riscoperta della parola di Dio, dialogando con i parrocchiani in particolare con i giovani.

Nel 1989 fu nominato parroco di Belfiore Don Gaetano Pozzato.
Ispirò la propria azione pastorale e culturale a valori fondamentali quali l’accoglienza, la carità, la catechesi, favorendo e incoraggiando il mondo del volontariato, impegnando giovani, adulti e anziani nell’aiuto e nel servizio alla comunità.
Fece nascere il Circolo A.N.S.P.I. (ora Circolo NOI) per gestire al meglio l’oratorio parrocchiale “Gaudete”, che nel frattempo aveva parzialmente ristrutturato. Favorì il canto liturgico, facendo installare nella chiesa parrocchiale un maestoso organo a canne.
Nel 1995 risistemò anche l’area presbiterale, per adeguarla alle indicazioni del Concilio Ecumenico vaticano II°, affidandosi all’architetto Raffaele Bonente, segnalatogli dallo stesso canonico Mons. Luigi Bosio.
A mettere le mani su Belfiore non poteva essere che un architetto che godesse l’illimitata fiducia del creatore della chiesa della Natività.Racconta don Gaetano Pozzato:<<Tutta la sistemazione dell’area presbiterale, compresi i bassorilievi dell’altare e dell’ambone, è opera dell’architetto Raffele Bonente, inviatomi personalmente da Mons. Bosio quando gli feci sapere  dell’intenzione di fare il nuovo altare. L’opera fu inaugurata la notte di Natale del 1995. I medaglioni sui seggi sono opera dello scultore trentino don Luciano Carnessali 179 e sono stati inaugurati il 25 marzo del 98, festa dell’annunciazione.Il nuovo altare fu consacrato da Mons. Giuseppe Amari nel 50° anniversario della consacrazione dell’altare maggiore sotto il ciborio il 7aprile 1997 festa dell’annunciazione, che cade di solito il 25 marzo, era stata rimandata a motivo della Settimana Santa >>

Dagli anni 2000 ai giorni nostri

Nel 1999 Don Gaetano, lasciò la parrocchia di Belfiore,  chiamato dal Vescovo ad assumere l’incaricato  Vicario Episcopale per la Pastorale e Assistente diocesano AC.

A sostituirlo come parroco arrivò a Belfiore Mons. Luigi Magrinelli. Già parroco a Stra’ di Caldiero, Golosine e Bussolengo, era stato anche assistente diocesano di Azione Cattolica, membro effettivo del Capitolo della Cattedrale e  vicario del Vescovo per l’amministrazione durante l’episcopato di mons. Attilio Nicora.
Sacerdote dinamico e di grande temperamento, curò la celebrazione liturgica e l’amministrazione dei sacramenti in modo encomiabile.
Costante annunciatore della Parola di Dio, si impegnò intensamente nella catechesi, nella pastorale della famiglia e con una particolare attenzione alle persone anziane ed ammalate.
Devotissimo alla Madonna, portò a compimento il restauro complessivo del santuario della Madonna della Stra’, che aveva bisogno di un profondo risanamento dall’umidità e di una sistemazione interna ed esterna della struttura eretta nel lontano 1143.
Nella chiesa parrocchiale della Natività di Gesù, installò il nuovo impianto di riscaldamento ad irradiazione e acquistò i nuovi banchi per le navate laterali.
Intraprese la sistemazione dell’oratorio Gaudete e contribuì ad avviare il processo diocesano per la beatificazione dell’ex parroco mons. Luigi Bosio.
Proprio nella ricorrenza del decimo anniversario della sua morte, la Comunità Parrocchiale di Belfiore ritenne di esprimere in modo adeguato la propria devota e consapevole riconoscenza a questo Pastore, che tanto aveva donato alla Parrocchia dedicando  a Mons. Luigi Bosio un busto che tenesse viva la sua memoria.
Questo è il testo dell’epigrafe incisa su marmo bianco, sopra il quale troneggia un busto in bronzo scuro raffigurante il Servo di Dio, don Luigi Bosio:
Mons. Luigi Bosio  – 10.4.1909 27.1.1994 – parroco di Belfiore (1940 – 1969) – dalla sua mente e dal suo cuore – plasmati dal mistero della liturgia – ha preso forma questo tempio – casa della presenza di Dio – in mezzo al popolo di Belfiore – guidato con la parola e la vita – alle sorgenti della Grazia – per essere tempio santo di Dio – la comunità nel decimo anniversario – 27.1.2004.

Busto di Don Luigi Bosio con epigrafe

Busto di Don Luigi Bosio con epigrafe

Nel 2011 mons. Luigi Magrinelli lasciò la parrocchia di Belfiore, destinato dal Vescovo mons. Giuseppe Zenti a ricoprire l’incarico di parroco nel paese di Illasi.
Queste alcune parole che annunciarono alla Comunità di Belfiore il suo trasferimento: «Il cambio non è mai facile, ma come sacerdoti siamo tenuti ad obbedire al vescovo, con il quale abbiamo fatto delle valutazioni … Insieme con me ad Illasi verrà l’attuale parroco di San Pietro di Lavagno, don Agostino Martinelli, che mi aiuterà, così avrò modo di seguire anche mio fratello, don Mario Magrinelli, che è molto malato e si trova alla casa del clero di Negrar. Qui al mio posto verrà un sacerdote valido, che è più giovane di me, Don Roberto Pasquali, che lascia la parrocchia di Stra’… Il cambio avverrà tra fine settembre e ottobre, pertanto in questi mesi continuiamo a collaborare insieme. Vi chiedo di accompagnarci in questo momento con la preghiera»

Il primo settembre del 2011 fu nominato parroco di Belfiore Don Roberto Pasquali, IMG_8834

nato a Oakville (Canada) il 05/04/1956; ordinato sacerdote il 30/11/1986, che resse la parrocchia fino a fine settembre 2021.

 

                                                                                 

Il resto è storia attuale, con la comunità di Belfiore che è guidata dal parroco Don Marco Simino.

 

BIBLIOGRAFIA 

  • PIETRO SGULMERO, La Chiesa della Stra’ in Belfiore; Associazione Pro-Loco Belfiore 1985
  • D.GIUSEPPE CROSATTI, Belfiore d’Adige e il suo S.Michele; Verona 1906
  • FRANCESCO FARSAGLIA – Notizie della visita pastorale fatta a Belfiore d’Adige il 14-15 aprile 1809 dal Vescovo Innocenzo Liruti ; a cura di Giuseppe Battaglia ; Belfiore 1996
  • ERNESTO SANTI – Belfiore, il santuario della Madonna della Strà (già S.Michele), Belfiore 1995 
  • ADRIANO BOCHESE – ENNIO SOLFO, Belfiore e la Madonna della Stra’;  Belfiore 2004
  • FRANCESCO VECCHIATO – Don Luigi Bosio a Belfiore d’Adige; Verona 2011  (Vedi allegato in formato digitale) allegatooa_9830
  • FRANCESCO VECCHIATO – I Lebrecht; Verona 2013 (Vedi allegato in formato digitale) allegatooa_37211
  • ANTONIO FASANI –  Riforma Pretridentina della DIOCESI DI VERONA – Visite pastorali del Vescovo G.M. Giberti 1525-1542 – Istituto per le ricerche di storia sociale e di storia religiosa Vicenza 1989
  • ARCHIVIO STORICO DELLA CURIA DIOCESANA DI VERONA – LIBER VISITATIONIS ANNI MDLIX Visite di vicari a chiese extraurbane – Trascrizione del registro XIIb delle Visite Pastorali
  • ARCHIVIO STORICO DELLA CURIA DIOCESANA DI VERONA – Sebastiano Pisani II – visita pastorale a chiese della città e diocesi di Verona anni 1669-1684 –  Trascrizione dei registri dal XXV al XXXII delle Visite Pastorali
  • ARCHIVIO STORICO DELLA CURIA DIOCESANA DI VERONA – Giovanni Francesco Barbarigo Vescovo di Verona (1698-1714) – Visita pastorale alle chiese della città e diocesi di Verona anni 1699-1714 – Tomo primo –   Trascrizione dei registri dal XXXIII al XXXIX delle Visite Pastorali
  • GABRIELE DE ROSA – Thesaurus ecclesiarum Italiae recentioris Aevi – III°- VENETO – Le visite pastorali di Pietro Aurelio Mutti (1842/46) e di Benedetto De Riccabona (1858) nella docesi di Verona – a cura di Angelo Chiarello
  • ROBERTO PASQUALI – Le Costituzioni per il clero (1542) di Gian Matteo Giberti, vescovo di Verona a cura di Don Roberto Pasquali, Vicenza 2000).
  • GIORGIO BORELLI –  Chiese e monasteri nel territorio veronese – Banca Popolare di Verona
  • BIBLIOTECA COMUNALE DI BELFIORE – Articoli vari estratti su Belfiore
  • Fonti internet da WIKIPEDIA
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  • Vangelo di venerdì 29 Marzo 2024

    - Catturarono Gesù e lo legarono
    In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c'era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

    - Lo condussero prima da Anna
    Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

    Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest'uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

    Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

    - Non sei anche tu uno dei suoi discepoli? Non lo sono!
    Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

    - Il mio regno non è di questo mondo
    Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest'uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

    Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?».

    E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l'usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

    - Salve, re dei Giudei!
    Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

    Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!».

    Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

    All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

    - Via! Via! Crocifiggilo!
    Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

    - Lo crocifissero e con lui altri due
    Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: "Il re dei Giudei", ma: "Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei"». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

    - Si sono divisi tra loro le mie vesti
    I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti - una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

    - Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
    Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.
    Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

    (Qui si genuflette e di fa una breve pausa)

    - E subito ne uscì sangue e acqua
    Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

    - Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi
    Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo - quello che in precedenza era andato da lui di notte - e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

    Gv 18, 1 -19, 42.

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